UNA RIFLESSIONE SULLE PUBBLICITA’ DI “SAVE THE CHILDREN”
Il lavoro che fanno è meritorio, ma le pubblicità di Save the Children, con i bambini costantemente mostrati in una situazione di privazione e sofferenza, sono agghiaccianti.
Davvero abbiamo bisogno di mostrare un minore che soffre, per ottenere una donazione per aiutarlo?
Ho più di qualche dubbio, e in ogni caso credo sia sbagliato.
Bisogna crescere anche in questo senso, se pensiamo che per alleviare la sofferenza sia necessario prendere il minore sofferente e schiaffarlo in faccia al pubblico durante la sua sofferenza. Non si fa così. Non è il senso di colpa su cui dobbiamo investire, ma la bellezza dell’aiuto e il racconto di quello che facciamo.
Anche per questo sono contento delle foto che condividiamo con Sheep Italia per raccontare il nostro lavoro.
Sia chiaro: anche noi vediamo la sofferenza, moltissima; dolore a fiumi è il nostro pane quotidiano, però proviamo a mostrare il dopo, non il prima. Il percorso più della fossa. Perché se il lavoro lo fai bene i risultati si vedono, ed è su quelli che bisogna puntare.
La sofferenza, se vuoi, la capisci comunque.
Non c’è bisogno del bambino che soffre – con le mosche che gli volano intorno al naso – per raccontare il lavoro che un’organizzazione sta svolgendo.
Le donazioni per scacciare dalla vista l’immagine della bava ai lati del bambino affamato, anche no. Perché se pure servisse a raccogliere più soldi nell’immediato, non creerebbe un legame duraturo con la consapevolezza della necessità di costruire insieme un mondo davvero migliore.
Comunicazione è scelta e sostanza, non è facciata. Le armi dello scandalo e dalla lacrimuccia, non sono le nostre.
Detto questo, qui trovate tutto, anche come contribuire ai progetti Sheep con una donazione singola o una regolare: www.sheepitalia.it.
Saverio Tommasi
presidente di SHEEP Italia